Occupata via Capo di Lucca 22

Occupata via Capo di Lucca 22

Lo staff di Disinformazione esprime la sua gratitudine alle persone coinvolte nell’occupazione per la disponibilità dimostrata e invita a contribuire al mantenimento dello stabile e di chi vi risiede. Buon lavoro, buona resistenza e buona occupazione!

Quando, negli anni ’50, interi edifici crollarono sotto i colpi dell’abusivismo edilizio e della speculazione fondiaria, le amministrazioni comunali chiusero gli occhi, continuando a costruire su altri lotti. Favorendo politiche orientate più al decoro che al benessere collettivo, le istituzioni hanno gettato i semi per le grandi occupazioni proletarie degli anni ’70, cui è seguita la progressiva depoliticizzazione dei movimenti di occupazione fino agli anni ’90, quando la militanza ha ripreso coscienza reintegrandosi negli spazi sociali e abitativi.

Roma, 1974. Foto di Tano D’Amico (Via: Laboratoire Urbanisme Insurrectionnel)

Al grido di “riappropriazione e lotta per i bisogni”, gli attivisti per il diritto alla casa si sono insediati in numerosi ambienti, innalzando quegli spazi che tutt’ora offrono una ancora di salvezza per chi sfugge dall’emergenza generata dal mercato dell’edilizia e presentandosi come una concreta istanza identitaria propria dell’opposizione al capitalismo.

Dal 2007, la crisi del sistema economico ha ulteriormente inasprito i rapporti con le istituzioni, scoraggiando la mediazione e la reciproca tolleranza. Lo Stato borghese spesso si rifiuta di riconoscere le rivendicazioni dal basso per tutelare gli interessi di classe, a discapito delle realtà che, nonostante la ricorrente violenza delle Forze dell’Ordine, insistono nel perseguire gli interessi popolari creando un’alternativa per le vittime dei palazzinari, dei grandi proprietari immobiliari che inseguono il profitto giocando sui prezzi degli affitti e mantenendo intere strutture sfratte, alimentando la speculazione edilizia per tornaconto personale.

Infatti, mentre il tasso disoccupazione giovanile e il costo della vita si aggravano, il potere di acquisto dei salari cola a picco e il divario di classe raggiunge la distopia raccontata da Lionel Shriver ne I Mandible, pochi soggetti detengono la proprietà di oltre una decina di palazzi, assicurandosi una vita di agi e sfizi senza la benché minima fatica. È l’ennesima dimostrazione che la retorica del duro lavoro come mezzo per liberarsi dall’instabilità economica, quella corrente di pensiero che taccia i poveri di pigrizia accusandoli di essere causa dei propri mali, altro non è che propaganda classista utile al mantenimento dello status quo.

La precarietà strutturale del sistema capitalista comporta la degradazione del tessuto economico del paese, accentuando il concentramento di potere nei conti in banca dei grandi privati e penalizzando gli ambienti popolari.

Dunque, per trovare soluzione alla questione delle abitazioni, bisogna assumersi l’onere di dissezionare la realtà che ci circonda, adottando uno sguardo d’insieme che metta in discussione il sistema e ne riconosca le controversie.

A prendere l’iniziativa il 5 ottobre, LUnA, il Laboratorio Universitario di Autogestione, che, coinvolgendo dimensioni politico-sindacali come lo Sportello per il Diritto all’Abitazione di Adl Cobas, ha preso possesso del civico 22 di via Capo di Lucca, disabitato da sette, otto anni. Nel 2017, lo stabile aveva già ospitato per una ventina di giorni un gruppo di persone senza dimora, esperienza conclusasi con gli usuali sgomberi.

Siamo disponibili a ragionare sull’uso temporaneo e condiviso di questo stabile, affinché non sorga anche qui l’ennesimo hotel o un nuovo studentato di lusso. Palazzo d’Accursio sta mettendo in campo soluzioni all’emergenza abitativa che avranno effetti di medio lungo termine, qui servono soluzioni immediate.

Servono interventi normativi locali.

Tiziano (Sportello Casa di Adl Cobas)

La situazione bolognese, infatti, desta preoccupazione a livello nazionale, grazie anche alla voce degli studenti fuorisede che hanno avuto modo di esprimere le proprie condizioni attraverso le testate giornalistiche.

La diffusione della proprietà della casa e la riduzione dello stock di Edilizia Residenziale Pubblica hanno messo in ginocchio intere famiglie, impossibilitate ad affrontare mutui e affitti così come si presentano a prezzo di mercato.

Si stima che nel comune bolognese vi siano più di 4mila nuclei in disagio abitativo acuto, a cui se ne sommano oltre 3mila che necessitano di un intervento esterno per sostenere le spese del canone di locazione.

Il patrimonio pubblico, tuttavia, non manca. Ad essere assente, invece, è l’interesse nel agire sulla mala gestione di enti come ASP, sommersi dalla crisi finanziaria, e di espropriare le strutture inutilizzate che gli ordini religiosi possiedono nonostante l’intensa confisca avvenuta durante il dominio napoleonico. 

Le misure adottate dall’amministrazione comunale per far fronte alla violazione del diritto all’abitazione, si rivelano insufficienti nell’immediato e rischiano di perdere valore se non supportate da una adeguata legislazione nazionale.

Recitando la dichiarazione rilasciata dal collettivo LUnA sulle sue piattaforme, l’occupazione di via Capo di Lucca ribadisce che “abbiamo il diritto di restare a Bologna, e che per farlo, nella situazione attuale, occorre inventarsi forme nuove dello stare insieme e dell’abitare che sappiano essere di slancio per la costruzione di spazi fisici e politici che guardino al futuro: utilizzo temporaneo degli spazi vuoti, nuova dialettica tra forze sociali e meccanismi normativi, capacità di superare insieme le insufficienze esistenti.”

L’occupazione della struttura di proprietà ASP (Azienda Servizi alla Persona), in vendita nel piano di alienazione 2021-2023, si pone, dunque, come una azione volta alla rigenerazione sociale di spazi utilizzabili in aiuto al precariato sociale, a chi sorregge il peso dell’inflazione, del drastico aumento delle bollette e di meccanismi normativi volti a regolare le affittanze brevi, ma senza agire sulle cause del fenomeno. 

Con il beneficio del contributo collettivo di sostenitori della causa, studenti e perfino degli abitanti dell’area circostante, che hanno espresso la loro solidarietà all’insediamento dopo anni di lamentele per le condizioni di abbandono dello stabile a cui il comune non ha mai dato risposta, il civico 22 tende verso un microsistema sostenibile e autonomo dal punto di vista energetico.

In merito al progetto di occupazione dell’immobile, il sindaco Matteo Lepore si è espresso con moderatezza, concedendo ai nuovi abitanti dell’edificio la possibilità di rinunciarvi volontariamente.

Ci occuperemo dell’occupazione con lo stesso metodo di tutte le altre, prima di tutto chiediamo alle persone di uscire. Il tema della casa è prioritario per noi, serve un grande piano nazionale di investimenti, va presa in considerazione la proposta del Pd, è una delle battaglie da fare appena ci si insedia”.

La proposta del Partito Democratico citata dal sindaco è frutto dell’incontro tra esponenti del partito e della dimensione sindacale rappresentata da Cgil, Cisl e Uil, oltre agli inquilini Sunia, Sicet, Uniat e Unione degli Inquilini. Per quanto sia degna di nota l’attenzione rivolta alla crisi abitativa, non dovremmo dimenticare i violenti sgombri cui gli spazi politici sono vittima sotto le amministrazioni del PD, così come non dovremmo scordare il ruolo svolto dai sindacati che, vendendosi agli utili di Confindustria, permettono la precarietà dei lavoratori e l’impiego di manodopera giovanile nelle aziende sotto il nome di alternanza scuola-lavoro.

Con Lepore, anche Nardella (Firenze) e Gori (Bergamo) hanno affermato la necessità di una norma nazionale che consenta ai Comuni di poter intervenire in modo chiaro e deciso per tutelare le nostre città e mettere un freno alla proliferazione degli affitti turistici brevi.

Pur rifiutando di adempiere alla richiesta del portavoce bolognese, l’intento rigenerativo del collettivo universitario accoglie la possibilità di dialogo con l’amministrazione, per garantire il mantenimento dello stabile e il raggiungimento del suo scopo: colmare le lacune dello Stato riappropriandosi degli spazi urbani.


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Pubblicato da Thomas Cavagna

Classe 2003. Diplomato al Liceo delle Scienze Umane e immatricolato alla Facoltà di Storia dell'Alma Mater di Bologna, appassionato di scienze umane e sociali, politica e attualità. Vena polemica stridente con il carattere mite, amante della lettura e assiduo ascoltatore del Barbero Podcast. Attivista nelle piazze e sulle piattaforme social.

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