Contro la spettacolarizzazione della povertà: il Museo delle Case Popolari di Bologna

Contro la spettacolarizzazione della povertà: il Museo delle Case Popolari di Bologna

Non è Lercio: la giunta di Bologna, presieduta dal sindaco Matteo Lepore per conto del Partito Democratico, è davvero intenzionata ad inaugurare, nel quartiere della Bolognina, un Museo dedicato alle case popolari.

Il progetto museale annunciato da Acer, sorgerà nella corte di via Zampieri-Di Vincenzo, in un vecchio magazzino di 400m² in stato di abbandono e, come riportato dall’Unione Inquilini, per la ristrutturazione dello stabile e la riqualificazione come struttura a mostra permanente, è stato stanziato un fondo di 1mln e 620mila euro.

Solo due anni fa, in piena pandemia da Covid-19, nello stesso quartiere, tredici appartamenti di un edificio popolare si erano mobilitati per il diritto all’abitare e contro la speculazione abitativa, indicendo il primo sciopero dal saldamento dell’affitto.

Documentario autoprodotto sul Rent Strike Bolognina.

La stessa Unione Inquilini ha criticato aspramente l’iniziativa del Comune, ribadendo che la metropoli di Bologna è, da tempo orsono, l’epicentro di una gravosa crisi abitativa che miete sempre più vittime, sia nel corpo studentesco che nei nuclei familiari costretti allo sfratto.

Le realtà militanti bolognesi hanno denunciato la gravità della situazione in più occasioni, dall’occupazione abitativa di Oberdan 16, sgomberata lo scorso 17 novembre, alla palazzina di Casa Vacante.

Colpevole anche la Legge di Bilancio promulgata dal Governo Meloni, che ha visto l’abolizione del contributo sociale affitti e del fondo di assistenza per la morosità incolpevole, costringendo le famiglie travolte dal disagio economico ad abbandonare le loro abitazioni o rischiare l’intervento delle Autorità.

In tal senso, il Museo delle Case Popolari si presenta come una spettacolarizzazione della crisi abitativa da brividi, a dir poco. La prevedibile mossa di una distopia capitalista, in cui viene prodotta una gravosa crisi, per poi venderla come opera d’arte in una teca.

Nonostante le riprovazioni rivolte alla persistenza delle problematiche strutturali evidenti nel divario economico che attanaglia il Paese e alle imperfezioni del sistema di graduatorie per vedersi garantito il diritto alla casa, le famiglie dovranno continuare a rassegnarsi allo sfratto, a dormire in macchina, per strada e le studentessɜ iscrittɜ all’Università di Bologna dovranno adeguarsi alla penuria di vita a cui sono sottomesse, sacrificando l’esperienza universitaria e bolognese per rientrare nei conti e nelle tempistiche di chi, ancora, non può dire di avere una dimora fissa.

Perché la priorità per il Comune di Bologna è, ovviamente, addolcire la pillola. Abbellire la tragedia trasformandola in performance.

(Sia mai che si consideri l’opzione di adibire gli spazi inutilizzati a studentati accessibili e residenze di emergenza a basso prezzo. No, quello mai. Ci mancherebbe!)

A questo punto, siamo curiosɜ di scoprire quanto costerà il biglietto d’ingresso, per ridere dell’ironia di un mondo in cui lɜ poverɜ possono mettere piede in una Casa Popolare solo come spettatorɜ di una decadente mostra su se stessɜ, adibita per soddisfare il feticcio del disagio di qualche turista di passaggio.


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Pubblicato da Thomas Cavagna

Classe 2003. Diplomato al Liceo delle Scienze Umane e immatricolato alla Facoltà di Storia dell'Alma Mater di Bologna, appassionato di scienze umane e sociali, politica e attualità. Vena polemica stridente con il carattere mite, amante della lettura e assiduo ascoltatore del Barbero Podcast. Attivista nelle piazze e sulle piattaforme social.

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