Dalla parte dei popoli.

Dalla parte dei popoli.

La crisi in Ucraina, come qualsivoglia problematica dall’estrema risonanza, ha sconvolto le masse, provocando una reazione a catena di manifestazioni e campagne (dis)informative, spesso soggette alla smania comune di soddisfare un pubblico faziosamente schierato ancor prima di aver approfondito la tematica trattata.

Inevitabilmente, il popolo web si è scisso in due correnti: i filoputiniani, convinti che il loro protetto abbia perso le facoltà mentali e i garanti dei confini geopolitici – almeno finché si tratta dell’Europa.

La prima fazione ha provato a destreggiarsi nel tema sviando il focus dalla legittimità o meno dell’invasione russa, al carattere nazista dei reparti militari ucraini. I secondi, invece, ancora tacciano ogni analisi critica di voler nascondere una simpatia per Vladimir Putin.

Per amor di pacatezza, tralasciamo l’inconsistenza logica manifestata dalla massa internettiana, che si è arrogata il diritto di rendere oggetto di dibattito non la bellezza di un film o la supremazia di una marca di cereali, bensì una vera e propria guerra.

Questa insensata discussione, massima espressione della polarizzazione delle opinioni, ha spodestato ogni altra tematica dalle tendenze dei social, rendendo le piattaforme online il terreno di battaglia ideale per le intense propagande istituzionali, sia russe che ucraine.

Per quanto sia degno di nota l’umorismo del Social Manager della piattaforma Twitter dell’Ucraina, non possiamo ignorare che la frecciatina contro la Russia non può lasciar intendere una presunta volontà sovietica dell’invasore ed essere veritiera al contempo. Putin, dopo aver insultato l’URSS e ogni suo storico leader, si è dichiarato nostalgico dell’Impero zarista.

#UkraineRussiaWar è solo uno dei tanti hashtag che dominano i post e, purtroppo, è solo uno dei tanti hashtag sfruttati per condividere la conoscenza geopolitica di stellina89, politologə rinomatə per i suoi brillanti tweet sul berlusconismo e gli immigrati.

Complice la veicolazione social, le opinioni degli utenti si sono polarizzate in fretta, senza alcuna vergogna nel manifestare la conveniente insofferenza a situazioni analoghe e l’incapacità di cogliere la complessità delle dinamiche internazionali.

Ed ecco che, con mia immensa sorpresa, l’inviolabilità di uno Stato sovrano consiste in un sacrosanto valore di inestimabile rilevanza e arrischiarsi a profanare un principio tanto alto, significa inimicarsi non solo l’opinione pubblica, ma perfino gli organismi istituzionali dei vari paesi.

La Russia, in quanto aggressore dell’innocente Ucraina, non può che venir condannata al patibolo che spetta ai criminali del bellicismo imperialista. Intanto, però, i giudici che l’hanno giustamente giudicata colpevole, possono concedersi il lusso di bombardare paesi del cosiddetto Terzo Mondo, al fine di appropriarsi delle loro risorse in nome di un presunto antiterrorismo. Oltre al finanziare nuclei estremisti, lucrare sulla vendita di armamenti in aree instabili del mondo e manomettere elezioni democratiche (vedasi la manipolazione statunitense delle elezioni presidenziali afghane del 2009, in cui ha prevalso – se così si può dire – Hamid Karzai, accusato di contrabbando quando ricopriva l’incarico di Ministro della Dogana).

E, mentre il mondo si indignava dinanzi alla brutalità militarista della potenza russa, l’United States Africa Command (AFRICOM) ammetteva in rassegna stampa di aver portato avanti un raid aereo in Somalia. Nessuna sanzione, però, ricadrà sugli Stati Uniti.

Dov’erano, invece, i paladini degli Stati sovrani quando l’ONU dichiarava ufficialmente la validità del sionismo in Palestina, concedendo ad Israele il riconoscimento del diritto internazionale?

Tra i più infidi ipocriti, spicca proprio lo Stato illegittimo di Israele, che da oltre 70 anni ha occupato i territori palestinesi asfissiando la popolazione locale tramite il corredo guerresco fornitogli dagli Stati Uniti. Il Ministro degli Esteri, Yair Lapid, in una conferenza tenutasi il 24 Febbraio, ha ribadito la vicinanza israeliana all’Ucraina, condannando l’oppressione russa nonostante l’analogia con le azioni dello stesso Israele.

“L’attacco russo contro l’Ucraina è una grave violazione del diritto internazionale; Israele condanna l’attacco ed è pronta e preparata a fornire assistenza umanitaria ai cittadini dell’Ucraina”.

Yair Lapid, Ministero degli Esteri israeliano.

La dichiarazione di Lapid ha suscitato numerose critiche, ma altrettanti riconoscimenti. Il che, devo ammettere, ha inciso notevolmente sulla misantropia di chi, come me, pretende un minimo di coerenza tanto dagli stati quanto dal suo giudice: la gente.

Mentre la resistenza civile ucraina viene innalzata alla pari dell’eroismo classico, i movimenti di liberazione palestinesi vengono tacciati di terrorismo. Il meritato elogio alla prodezza degli ucraini è in contrasto netto con la demonizzazione dei popoli che si rivoltano contro l’imperialismo di stampo occidentale.

Nemmeno il giornalismo si è sottratto alla degenerazione del dibattito, vertendo su posizioni estreme, discriminatorie e prive di alcun approfondimento sensato.

Problematiche, infatti, le numerose dichiarazioni rilasciate dai canali informativi occidentali, di cui è palese l’etnocentrismo.

Il giornalista francese Philippe Corbé l’ha ammesso chiaramente: gli ucraini sono europei, come noi. A differenza dei siriani, che nemmeno fuggono dai bombardamenti sfruttando i veicoli della civilizzazione.

“Non stiamo parlando di siriani in fuga dalla guerra. Stiamo parlando di europei che fuggono, che ci somigliano, che fuggono in auto come noi.”

Altrettanto schietto, il giornalista statunitense della CBSNews.

“Questo non è un posto, con tutto il rispetto, come l’Iraq o l’Afghanistan che hanno visto conflitti durare decenni. Questa è una città europea relativamente civilizzata…”

Come troppo spesso accade, schierarsi dalla parte del popolo implica venir perennemente tacciati di totale indifferenza o, ancor più grave, di equidistanza tra due poli contrapposti: un buono e un cattivo. L’appoggio ai civili ucraini, nonostante le loro vite rappresentino la più diffusa argomentazione per qualsivoglia posizione ideologica, non è minimamente contemplato.

Di conseguenza, esprimere il proprio rifiuto della NATO in virtù di un supporto al popolo, significa esporsi alla gogna mediatica di chi non si preoccupa tanto dei civili quanto di prevalere nella guerra. Indipendentemente dal ruolo giocato dalla NATO nella questione. Fingendo che l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord non abbia allargato la propria sfera di influenza, il proprio mercato, la propria presenza militare sempre più ad Est, violando i patti sanciti al termine della caduta del muro di Berlino (1989).

“La NATO, con gli Stati Uniti, ha buttato un cerino in un pagliaio sperando che si arrivasse a questo.”

Pia Panseri, Segreteria bergamasca del partito Rifondazione Comunista e Comitato Politico Regionale.

E opporsi all’invio di dispositivi bellici è, ovviamente, sintomo di putinisimo in stadio avanzato, malcelato da becero moderatismo perbenista.

Mentre gli ucraini cadono sotto i colpi degli armamenti occidentali, il genio interventista incita ad una nuova distribuzione massiccia di armi, consapevole di poter far leva sul risveglio di una assopita concezione di giustizia tutta occidentale.

Ciononostante, le città italiane si cimentano in moti pacifisti intonando il convinto dissenso nei confronti dell’oligarchia verticistica russa e l’imperialismo bellico occidentale, con il noto slogan “Né con Putin, né con la NATO!”.

Bergamo, 27 Febbraio.

Tra le varie manifestazioni che si sono tenute in supporto all’Ucraina, abbiamo presenziato al presidio tenutosi in Piazza Marconi (BG) il 27 Febbraio.

“Volevamo in tutti i modi costruire una piazza che potesse, a 360 gradi, entrare nelle questioni, nei meriti e riconoscere le responsabilità. Né con Putin, né con la NATO, ma a fianco di tutti i popoli!”

Parole forti e sentite, quelle dei protestanti che hanno occupato il piazzale bergamasco.

Parole volte a costruire una barriera, un muro popolare che impedisca alla volontà di mercato di varcare la soglia del conflitto e lucrare sulle sofferenze dei popoli, costretti ad una guerra che mai hanno desiderato.

Ricordiamo, infatti, che il casus belli fondamentale di ogni belligeranza non è altro che la compravendita internazionale di armamenti, a discapito di chi li dovrà imbracciare e di chi se li ritroverà puntati addosso.

In tal senso, dovrebbe rientrare tra le nostre priorità la ferma opposizione a qualsiasi tentativo di trasformare l’Ucraina nel nuovo Afghanistan. Hillary Clinton, invece, si è detta di altro avviso quando ha illustrato la sua visione di un’interminabile guerriglia finanziata dall’Occidente.

Non dimentichiamo, inoltre, il carattere problematico e neonazista dei reparti paramilitari ucraini.

Kiev, Ucraina. Omaggio agli assassini nazisti della divisione galiziana delle Waffen SS della Wehrmacht hitleriana.

Vogliamo davvero armare dei nazisti, per poi voltare lo sguardo quando prendono il sopravvento e sfruttano i nostri armamenti per aggredire la popolazione separatista del Donbass?

Ucraina, 2020. Parata nazista in celebrazione delle organizzazioni paramilitari fasciste dell’OUN-UPA, che contribuirono all’Olocausto sterminando, nel massacro di Babi Yar, oltre 30mila ebrei, comunisti e polacchi

Questo atteggiamento bellico non può che alimentare i conflitti, compromettendo la già drammatica condizione del popolo ucraino. Ma non solo.

Russia e Ucraina sono annoverati tra i maggiori produttori di grano. Il prolungamento degli scontri inciderà sulla reale presenza del raccolto estivo nel mercato globale. Paesi come l’Egitto (31,3% del grano russo nel 2019), il Bangladesh (6,44%) e la Nigeria (4,84%) andrebbero incontro a crisi alimentari di ampia portata, seguiti da numerosi paesi del Nord-Africa.

Nemmeno i fertilizzanti, già in crisi, non sono esenti dall’eventualitá di una nuova guerra ventennale. Russia e Ucraina, infatti, forniscono circa il 75% dell’olio di semi, particolarmente adoperato nei paesi del Sud per l’agricoltura.

Per l’Occidente è sufficiente appoggiarsi alla produzione statunitense e canadese, pur pagando un prezzo maggiore. Ma per l’Africa ed il subcontinente indiano, non si può che ipotizzare la tragedia e, di conseguenza, un’intensificazione dei flussi migratori.

Indifferenti alla questione, i governi europei hanno annunciato la loro volontà di contributo militare. Il 28 Febbraio, in un Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri, è stato pubblicato il decreto che autorizza l’invio di armi, mezzi ed equipaggiamenti militari all’esercito ucraino.

Inutile specificare che, stando ai sondaggi, Draghi ha agito in contrasto con la volontà dei cittadini italiani. Whatever it takes, insomma.

FONTE: Ipsos

Altro aspetto controverso: le sanzioni, che gravano sui capi dei russi come una spada di Damocle. Il loro scopo, a detta dei più ferventi politologi, consiste nella pressione sulla popolazione russa al fine di spingerla all’insurrezione.

Vogliono, insomma, soffocare il popolo nella speranza che questo adempia al compito delle varie intelligence. Dopotutto, vi è una notevole differenza tra il contribuire all’ascesa del tiranno Pinochet eliminando Allende, socialista democraticamente eletto, o Qadir, colpevole di essersi opposto al mercato di oppio occidentale durante l’occupazione in Afghanistan, e l’azione diretta su Putin, ostile al suo popolo, ai suoi oligarchi, ai suoi stessi ministri, agli alleati esteri e alle zone limitrofe assoggettate dalla Russia. Si, una differenza di interessi.

Anche ipotizzando che i russi, asfissiati dalle sanzioni e spinti da un comune sentimento soviet, marcino sul Cremlino, cosa accadrebbe dopo? La corruzione della casta politica russa inevitabilmente porterebbe all’istituzione di una nuova figura pseudo-dittatoriale e criminale, perché la potenza dell’Est-Europa non gode degli impianti sociali e istituzionali su cui sorreggere un sistema democratico.

Invece di contribuire alla causa proponendo le vie diplomatiche che tanto abbiamo osannato fino ad oggi, o tentando l’azione diretta sul problema, finanziamo gli scontri armati per fiaccare i russi, perché ad imbracciare i nostri fucili saranno gli ucraini, con tanto di profitto da parte dell’apparato produttivo bellico occidentale.

Questi guerrafondai, figli della peggior propaganda interventista, non sono consapevoli del tempo e del costo umano necessari per sopraffare le milizie russe? O, più probabile, non gli interessa?


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Pubblicato da Thomas Cavagna

Classe 2003. Diplomato al Liceo delle Scienze Umane e immatricolato alla Facoltà di Storia dell'Alma Mater di Bologna, appassionato di scienze umane e sociali, politica e attualità. Vena polemica stridente con il carattere mite, amante della lettura e assiduo ascoltatore del Barbero Podcast. Attivista nelle piazze e sulle piattaforme social.

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